Ogni progetto di rinnovamento, ogni nuova costruzione, ogni
cantiere rivela l'antico sogno dei potenti: trasformare l'ambiente per
trasformare gli individui. Per loro, un prigioniero messo in una gabbia
dorata non si ribellerà così in fretta di quando si trova rinchiuso in
una lurida cella. Per noi anarchici, la questione non è mai stata il
colore e la dimensione delle gabbie, ma la loro stessa esistenza. È per
questo che scorgiamo dietro qualsiasi progetto di riammodernamento dei
quartieri la volontà dei direttori carcerari che governano questo mondo.
Alcuni progetti sono in qualche modo più facili da smascherare di
altri. I loft e le "abitazioni ecologiche" che vengono costruiti
attualmente lungo il canale non sono altro che un muro attorno ad un
quartiere meno controllabile come Molenbeek. E le torri in costruzione
all'ingresso di Cureghem, accanto alla stazione del Midi, nient'altro
che torrette di guardia, fortezze che marcano la separazione tra il
centro cittadino (che si vorrebbe ricco, accogliente, rispettoso
dell'ordine) e il quartiere di Anderlecht (povero, diffidente e ostile
all'ordine).
D'altra parte, ci sono ad esempio tutti quei famosi "contratti di
quartiere", quei miscugli urbanistici basati su misure sedicenti sociali
e repressive. Vi si parla sia di mettere (o di levare) qualche panchina
e di aprire un asilo nido che della costruzione di un commissariato
nelle vicinanze, di un'antenna di vigilanza, della ristrutturazione di
edifici per richiamare i ceti più agiati della popolazione,
dell'installazione di telecamere. Non a caso il potere si diletta a
mescolare aspetti cosiddetti sociali e aspetti repressivi. Secondo noi,
non si tratta di rifiutare una parte per accettarne un'altra: è
l'insieme di quei piani che deve essere combattuto.
Le avete già viste — tutte quelle brave persone, quei gentili
artisti-architetti coi loro computer portatili, quegli accademici
creativi che pretendono di rendere il quartiere "più accogliente"! Li
vediamo piazzarsi all'angolo delle strade in confortevoli uffici
dall'aria abbastanza alternativa; dietro ai loro computer disegnano i
piani della città futura. Parlano di "trasformare la città", ma in
effetti la loro missione è quella di "trasformare gli abitanti". Danno
man forte al potere. Mentre qualcuno predispone sempre più sbirri,
uniformi e videocamere, loro giocano la carta dell'oppressione morbida.
Il loro obiettivo è esattamente lo stesso e la gentilezza da parte
nostra non farà loro cambiare parere.
Il lato malefico di tutto ciò è che ogni timida critica,
ogni ulteriore residuo di apertura al "dialogo" con tutti questi
disegnatori di piani, con questi sviluppatori di progetti, con questi
tizi col paniere colmo di biodemocrazia-raccolta differenziata
locale-animazione di quartiere, verranno incorporati negli stessi loro
progetti. Finché continuiamo ad essere disponibili a discutere col
potere, questo potrà sempre concederci un posticino da qualche parte
conservando il suo sogno repressivo. Ci inviterà a partecipare alla
nostra stessa oppressione, al nostro stesso asservimento. La democrazia
urbanistica non è mai stata altro che la possibilità di decidere il
colore della propria gabbia.
Dobbiamo prendere una decisione. O continuiamo ad accettare che il
potere disegni i contorni delle nostre vite, erigendo quegli edifici,
scavando i suoi tunnel, imponendo i suoi sbirri, inviando il suo
esercito di architetti alternativi ed ambientalisti. O decidiamo di
lottare, non per salvaguardare qualcosa, tanto meno per "difenderci", ma
per mettere i bastoni fra le ruote del potere. E per far questo, non
c'è bisogno di grosse dimostrazioni di forza. Una tanica di benzina e
qualche fiammifero possono bastare.
Translation of "Terre brulée", Hors Service 31, 26 December 2012
By Finimondo